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La direttiva Zangrillo sulla formazione dei dipendenti pubblici

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Negli uffici pubblici si sente spesso parlare della “Direttiva Zangrillo”, e non senza un motivo. Questa direttiva, emanata a gennaio 2025, rappresenta un punto di svolta significativo per la formazione dei dipendenti della Pubblica Amministrazione italiana. Ma cosa prevede esattamente e perché ha generato così tanto dibattito? Cerchiamo di fare chiarezza.

Cos’è la “Direttiva Zangrillo”?

La direttiva in questione è la Direttiva 16 gennaio 2025 – Valorizzazione delle persone e produzione di valore pubblico attraverso la formazione. Principi, obiettivi e strumenti. Anche se non è la prima direttiva del Ministro per la Funzione Pubblica in materia di formazione, il suo impatto previsto l’ha resa rapidamente nota come “la” direttiva, e visto l’attuale Ministro, Paolo Zangrillo, è stata soprannominata appunto “Direttiva Zangrillo”.

Questa direttiva si inserisce in un percorso già avviato con precedenti atti di indirizzo sul rafforzamento delle competenze (23 marzo 2023) e sulla misurazione e valutazione della performance (28 novembre 2023). Il suo obiettivo principale è chiaro fin dalle prime righe: il rinnovo della PA passa attraverso la crescita delle sue persone, in termini di conoscenze, competenze e capacità. La formazione è vista come una leva strategica per arricchire i dipendenti, che a loro volta produrranno maggior valore per i cittadini e renderanno la Pubblica Amministrazione più efficiente.

La Grande Novità: Formazione Legata alla Performance e al PNRR

Se è vero che il concetto di formazione non è nuovo, la Direttiva Zangrillo introduce un elemento di rottura: la formazione dei lavoratori è ora esplicitamente collegata alla performance, sia quella del singolo dipendente che, in particolare, quella del suo dirigente. Questo legame è cruciale per assicurare che la formazione avvenga effettivamente e che vengano raggiunti i milestone e i target previsti dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).

A partire dal 2025, la promozione della formazione diventa un obiettivo di performance specifico e misurabile per ciascun dirigente. Ciò significa che i dirigenti devono garantire la partecipazione attiva dei dipendenti alle iniziative formative, assicurando il conseguimento di un numero di ore di formazione pro-capite annue non inferiore a 40. Questo equivale a una settimana di formazione per anno per ogni lavoratore della PA, inclusi i dirigenti stessi.

Il mancato rispetto di queste direttive e il non raggiungimento dei risultati previsti espongono il dirigente a responsabilità ai sensi dell’art. 21 del dlgs 165/01, con possibili conseguenze anche sul piano del trattamento accessorio collegato ai risultati.

Quali Ambiti di Formazione Sono Riconosciuti?

La direttiva Zangrillo sottolinea che la formazione non deve essere monodimensionale, ma proiettata nel futuro, fornendo ai lavoratori gli strumenti per affrontare un mondo in rapido cambiamento. Per questo, la formazione non deve concentrarsi solo sulle conoscenze tecniche. Gli ambiti di formazione che concorrono al raggiungimento delle 40 ore annue sono cinque:

  • Competenze di leadership e soft skill
  • Competenze per la transizione amministrativa
  • Competenze per la transizione digitale
  • Competenze per la transizione ecologica
  • Competenze relative a principi e valori della PA (etica, integrità e trasparenza, privacy, inclusione, salute e sicurezza)

È fondamentale che la formazione rientri in questi ambiti specifici, poiché solo così le ore saranno valide ai fini del raggiungimento dell’obiettivo. La direttiva ribadisce con forza che il mancato raggiungimento degli obiettivi dei programmi formativi, accertati dall’OIV-Nucleo di valutazione, comporta conseguenze per i dirigenti.

Dove e Come Formarsi: Un Panorama Complesso

La direttiva stabilisce che la formazione, per essere efficace, deve essere di qualità. Non tutti i corsi contano ai fini delle 40 ore. La confusione su questo punto è notevole. Ecco un riepilogo dei canali formativi riconosciuti, purché rientrino negli ambiti sopra elencati:

  • Piattaforma Syllabus: Ricopre un ruolo cardine e i suoi corsi sono tendenzialmente tutti validi.
  • Corsi SNA (Scuola Nazionale dell’Amministrazione) e FORMEZ PA: Valgono se rientrano nei cinque ambiti specifici. Qui si apre un dibattito su quali corsi siano effettivamente riconosciuti (ad esempio, un corso di lingue SNA conta?).
  • Corsi predisposti dalle singole PA e corsi offerti dal mercato (università, enti privati): Possono valere se riguardano funzioni caratteristiche dell’amministrazione o approfondiscono i temi di Syllabus-SNA-FORMEZ. Tra gli enti privati consigliamo Lezione online (lezione-online.it).

È importante sottolineare che i corsi autoprodotti dalle PA possono valere solo in specifici ambiti settoriali o come approfondimento di corsi Syllabus. Insomma, al di fuori della piattaforma Syllabus, il panorama può essere un “ginepraio”. Si spera nell’introduzione di un “bollino Zangrillo” per certificare rapidamente l’accreditamento dei corsi.

Ulteriori Precisazioni e Incognite

La direttiva introduce altre regole fondamentali:

  • Completamento del corso: Affinché le ore siano valide, il corso deve essere completato e, se previsto, il test finale superato. I nuovi corsi dovranno avere tutti una valutazione finale.
  • Monitoraggio: La formazione deve essere monitorata oggettivamente, senza possibilità di autocertificazione.
  • Accesso a Syllabus: Tutti i lavoratori devono essere abilitati ad accedere a Syllabus, ma sono i responsabili della formazione a doverli abilitare ai singoli corsi.

Permangono, tuttavia, alcune incertezze significative. Non è chiaro come la direttiva Zangrillo si ponga rispetto ad altri obblighi formativi già esistenti (es. crediti formativi per professionisti). Inoltre, non è specificato se le 40 ore possano essere riproporzionate in caso di eventi come maternità, part-time o malattia lunga.

Infine, un punto critico è rappresentato dall’enorme carico di lavoro che le 40 ore annue di formazione implicano per i dipendenti, considerando i carichi di lavoro attuali. La speranza è che la qualità dei corsi sia elevata e che i dipendenti ne percepiscano un tangibile beneficio, magari attraverso un sistema anonimo di valutazione dei corsi che possa guidare una “selezione naturale” verso percorsi formativi realmente utili.

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